Non chiamatelo, vi prego, il Mammo
Il linguaggio è uno strumento potente che riflette e plasma di continuo le nostre percezioni e relazioni. Nel contesto delle dinamiche professionali e psicologiche, è fondamentale analizzare attentamente le parole che scegliamo di utilizzare. In questo articolo, esamineremo il termine "mammo" e l'impatto che può avere nel contesto lavorativo, psicologico ma anche sociale, evidenziando l'importanza di una comunicazione consapevole e rispettosa che non perda di vista lo status genitoriale.
Diamo un contesto storico
Il termine "mammo" ha radici relativamente antiche, originariamente connotate da un'affettuosa familiarità, nonché di tutta una serie di ragioni dove il padre a fronte di situazioni del tutto anomale doveva necessariamente occuparsi dei propri figli. Tuttavia, nel corso del tempo, la sua interpretazione, vuoi a livello sociale, vuoi a livello comportamentale, è evoluta, rimanendo però sempre segregata a un retaggio molto arcaico che non riflette assolutamente la realtà dei fatti. Nell'ambiente professionale contemporaneo, l'uso di questo termine può essere percepito come poco professionale e persino denigratorio. Ma cerchiamo, in questo contesto, di esaminare il percorso storico del termine e il suo adattamento al linguaggio attuale in questo terzo millennio.
Un impatto di natura psicologica
L'analisi della psicologia del linguaggio svela chiaramente il potente impatto che le parole possono avere sul nostro modo di concepire e interagire con il mondo che ci circonda. Quando ci riferiamo a qualcuno con il termine "mammo", è cruciale comprendere che questo atto linguistico non è privo di conseguenze. Implicitamente, esso veicola un'immagine che non solo può essere stereotipata, ma anche intrinsecamente limitante per la persona coinvolta, influenzando direttamente la percezione che gli altri hanno della sua identità e competenza. Quei padri che si occupano in maniera attiva del figlio o dei loro figli perché non hanno che quella scelta, devono essere visti, agli occhi degli addetti al settore, ma anche e soprattutto davanti alla popolazione, come padri, non come un sostituto raffazzonato di una madre che i figli non potranno avere o non possono avere. Questo fenomeno non può essere di certo sottovalutato, poiché il suo impatto psicologico è significativo, e contribuisce in modo evidente a creare una visione distorta e riduttiva della complessità individuale di chi è coinvolto.
Contesto professionale: le dinamiche relazionali
All'interno dell'ambito lavorativo, la comunicazione emerge come un elemento cruciale, svolgendo un ruolo determinante per il successo delle relazioni interpersonali. L'utilizzo di termini come "mammo" non solo può minare la percezione di professionalità e rispetto reciproco, ma rischia anche di erodere la base su cui si costruiscono le dinamiche lavorative, nonché di quelle collaborative.
In contesti dove la diversità e l'inclusività sono gradualmente promosse come valori fondamentali, diventa inevitabile adottare un linguaggio che non solo si allinei a tali principi, ma che ne sia anche veicolo attivo. È da sottolineare, in manera molto ferma e decisa, che un genere di cultura di questa tipologia deve essere superata, lasciando spazio a tutto quel genere di relazioni genitoriali in sostituzione a quella di ruolo data da quel desueto termine mammo che tanto era in voga nei decenni addietro. La scelta consapevole delle parole, in questo contesto, non solo contribuisce a coltivare un ambiente di lavoro armonioso e rispettoso, ma si pone anche come catalizzatore per una cultura organizzativa che abbraccia la pluralità di prospettive e dei talenti.
Comunicare in modo consapevole
L'importanza dell'adozione di un linguaggio consapevole si manifesta in modo evidente nel contesto della coltivazione di relazioni sane e produttive. Evitare l'utilizzo di termini limitanti, come il già menzionato "mammo" (altri esempi possono essere casalinga, addetta alle pulizie, disabile, ecc.), non rappresenta solo un gesto di cortesia linguistica, ma si configura come un passo concreto verso l'instaurazione di una comunicazione intrinsecamente rispettosa e professionale. Questo processo di selezione lessicale, orientato all'inclusività, assume una rilevanza particolare nel plasmare un ambiente lavorativo in cui ogni individuo sia riconosciuto e valorizzato per le sue competenze e qualità professionali. In altre parole, la promozione di un linguaggio più aperto e non limitante è un catalizzatore per la creazione di un contesto organizzativo che abbraccia la diversità, permettendo a ciascun membro di emergere in base al proprio valore intrinseco, indipendentemente da considerazioni legate al genere o al ruolo familiare.
Un investimento per il futuro
In conclusione, l'analisi psicologica e professionale del termine "mammo" sottolinea l'importanza di una comunicazione consapevole e rispettosa. La scelta delle parole può modellare l'esperienza delle persone e influenzare le dinamiche relazionali. Evitare l'uso di termini limitanti è un investimento nella creazione di ambienti lavorativi inclusivi e favorevoli alla crescita e allo sviluppo professionale di tutti.
Dott.ssa Nicoletta Premoselli
Psicologa a Milano
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